Nella seconda metà del ‘900 l’Islanda combattè le cosiddette “guerre del merluzzo”, per definire il predominio sulle acque pescose del nord Atlantico. Da sempre la pesca è stata la prima fonte di reddito dell’isola e per questo motivo le acque territoriali sono state difese coi denti ogni volta fosse necessario.
Già nel 1901, su risoluzione di Danimarca e Gran Bretagna, il territorio marino di pertinenza islandese era stato ridotto a meno di 4 miglia dalla costa. Una volta ottenuta la piena indipendenza, l’Islanda provvide a modificare la situazione aumentando il limite a 4 miglia nel 1952 e poi a 12 miglia nel 1958.
A questo punto la Gran Bretagna, rivale nella pesca, si oppose e scoppiò la prima guerra del merluzzo, in cui la flotta britannica ebbe al meglio. Negli anni successivi però il forte calo della pescosità obbligò nuovamente l’Islanda ad ampliare le acque territoriali.
Nel 1971 il limite fu spostato a 50 miglia, nel 1975 a 200 miglia. Ne nacque un nuovo conflitto con la Gran Bretagna che cessò solo nel 1976 con un accordo provvisorio, ma ancora in vigore, che fissava il limite a 200 miglia.
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